I paesaggi dell’industria
9 aprile_27 aprile 2013
Negli ultimi anni in molti, sopratutto giovani, hanno iniziato a fotografare fabbriche, ambienti di lavoro e macchinari in disuso, aree che spesso vengono definite degradate, paesaggi urbani e non, tipici dell’epoca dell’industrializzazione. È un fenomeno che ormai ha assunto dimensioni insospettabili e insospettate solo fino a un decennio fa. Le sue cause sono molteplici. La prima è senz’altro il fascino che suscita il dismesso, segno per un verso della dissoluzione di certezze consolidate e per l’altro della crisi della modernità. Un fascino che si nasconde dietro le ambiguità del post-industriale e del post-moderno. La seconda è l’ansia di documentare un passato materiale irriproducibile che, in gran parte, appare destinato alla distruzione. Infine la nuova consapevolezza del paesaggio che, sempre più, si configura come un palinsesto in cui si stratificano esperienze antropiche diverse e che definiscono architetture ed equilibri urbano-territoriali la cui scomparsa produce un’alterazione della percezione del tempo e dello spazio.
In altri termini si tratta di un aspetto e di una convinzione che si vanno ormai diffondendo in ambiti diversi secondo i quali, senza memoria e identità, senza il passato, si rischia di appiattire la vicenda umana in una sorta di eterno presente privo di qualunque spessore. L’esperienza industriale e produttiva è da questo punto di vista emblematica. Essa testimonia una forte partecipazione che non riguarda solo chi ha svolto in determinati spazi gran parte della propria vita lavorativa, ma anche le comunità che indirettamente ne sono state coinvolte. Non è quindi strano che susciti riflessione e attenzione il desiderio di cristallizzare in immagini un passato sempre più a rischio. Va da sé che la questione ha un interesse specifico per chi si occupa di archeologia e di patrimonio industriale. Le immagini fotografiche, a volte “rubate”, hanno un valore documentario inestimabile. In alcuni casi da qui a dieci anni rappresenteranno l’unica testimonianza della presenza di edifici e infrastrutture su aree di un territorio probabilmente destinate a ospitare abitazioni, centri commerciali e uffici. È importante che vengano archiviate, catalogate, valorizzate. Questa mostra rappresenta un primo tentativo di diffusione della consapevolezza che l’industria e i suoi resti rappresentano una parte importante dell’esperienza storica europea e italiana, senza la quale è impossibile comprendere cosa siamo stati e cosa saremo, specie in un periodo in cui tutti i parametri sembrano sconvolti da una crisi di cui non si intravede la fine e dopo la quale non sarà facile riannodare i fili della nostra storia.
Renato Covino
Presidente nazionale dell’AIPAI – Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Industriale