Così vicini così lontani
fotografie
Ilaria Abbiento_Gail Albert Halaban_Valentina Vannicola
A cura di Valentina Rippa
12 maggio_22 settembre 2017
Così vicini così lontani
Ilaria Abbiento.
“Cerco un punto di vista sul mondo esterno e una visione su un mondo più nascosto, interiore, di attenzione, di memorie spesso trascurate”.
Luigi Ghirri
E’ nel silenzio e nella contemplazione che prende vita il lavoro di Ilaria Abbiento, un atlante azzurro che indaga su piccoli frammenti del Mediterraneo in cui le coordinate nautiche portano l’artista alla scoperta di un ritaglio di mare sempre diverso, come i suoi stati interiori: dodici ritagli d’acqua e dodici tracce del suo passaggio sulla costa del Golfo di Napoli, rivelano l’elaborazione di una cartografia poetica in bilico tra cielo e terra.
In esposizione insieme al polittico composto da ventiquattro elementi, due lavori scanditi dai ritmi di un tempo lento e dilatato, il tempo dell’attesa e del cambiamento. Per l’artista che nel suo rituale quotidiano osserva il mare con tutti i suoi cambiamenti di colore, fluidità, temperatura, corrente è come esplorare il proprio oceano interiore fino ad elaborare una mappa immaginaria di stati d’animo finora inesplorati.
Gail Albert Halaban.
Scorci di intimità intravisti nel profilo di una finestra; vite che non ci appartengono ma con le quali per un attimo ci incrociamo, entriamo in sintonia; orizzonti di quotidianità altre, diverse dalla nostra, che ci seducono, con le quali talvolta ci identifichiamo. O ancora, segmenti di esistenze che possiamo guardare come un flusso di proiezioni. Sono le immagini di Gail Albert Halaban, che vanno oltre l’apparente gusto voyeristico e offrono spunti di riflessione profondi, indagano la solitudine da grande metropoli, la distanza sottile tra le persone, che il più delle volte è chiusura culturale e sociale. «La finestra è un confine fragile tra il familiare e lo sconosciuto, tra il rumore della città e il tempo quieto della vita privata», spiega la fotografa newyorkese, creare dei legami, avvicinare le persone è questo il tema di out of my window il progetto nato tra Parigi e New York per raccontare “le vite degli altri” dalla finestra di fronte. Ed è attraverso questo spiare il proprio vicino, che si esprime un desiderio di conoscenza e di apertura. Nei suoi scatti per così dire “rubati” ogni persona ritratta è al corrente del progetto ed è proprio in questa partecipazione, che l’intero lavoro assume il suo significato più vero e più coinvolgente che in definitiva è l’obiettivo dell’artista.
Valentina Vannicola.
Dettagli bizzarri, intimi luoghi e tempi di sogno convivono nelle immagini di Valentina Vannicola. Fotografa e regista, capace di trasformare la tranquilla maremma laziale in contesti di fantasia di volta in volta diversi sia sul piano narrativo che emozionale. La scelta delle ambientazioni familiari, luoghi dove l’artista è nata e cresciuta, così come il coinvolgimento degli stessi abitanti che prendono parte ai suoi progetti sembrano voler enfatizzare quel senso di comunità ancora vivo nei piccoli centri di periferia e al tempo stesso cristallizzare un paesaggio legato alla memoria e all’infanzia. La maestra di scuola, il postino, la bidella e il fornaio del paese, tutti diventano attori per un giorno e parte integrante del suo lavoro. Ripercorrendo la staged photography, che presenta come reali scene ricostruite con tecniche cinematografiche, l’artista parte da un testo letterario e dopo una minuziosa rilettura, creazione di bozzetti e ricerca di costumi realizza la “sua” composizione e infine il “suo” scatto. Nel suo lavoro trovano spazio solitudini e fragilità dell’essere umano, e i suoi personaggi vagheggiano in attesa di qualcosa che potrebbe ancora accadere. I temi dell’attesa e della sospensione ricorrono in tutti i lavori esposti, in quelli ispirati all’Inferno Dantesco, in Living Layers, così come nell’immagine evanescente tratta dalla serie Riviere che appare allo spettatore nel candore di una visione.
Valentina Rippa
Galleria
Galleria Opere
Rassegna stampa
Si inaugura, venerdì 12 aprile, Al Blu di Prussia – la terza mostra della stagione espositiva in corso che prosegue con “Così vicini così lontani”, collettiva fotografica a cura di Valentina Rippa che accosta le opere di Ilaria Abbiento, Gail Albert Halaban e Valentina Vannicola.
In esposizione, una rassegna con circa 12 opere fotografiche molto diverse tra loro ma che trovano filo conduttore nella tematica affrontata dalle tre artisti selezionati, ovvero una riflessione sulla chiusura degli individui e sulla distanza che persiste a prescindere dalla concreta lontananza fisica.
“Dettagli surreali e poetici, fragili confini tra mondi lontani e intimi luoghi, l’attesa e la sospensione: queste le tematiche comuni alle tre fotografe: la napoletana Ilaria Abbiento, la newyorkese Gail Halbert Halaban e la romana Valentina Vannicola. La fotografia è mezzo espressivo per raccontare le storie vere o costruite di individui chiusi nel proprio universo, così vicini eppure così lontani (Valentina Rippa).
Ilaria Abbiento
E’nel silenzio e nella contemplazione che prende vita il lavoro di Ilaria Abbiento, un atlante azzurro che indaga su piccoli frammenti del Mediterraneo in cui le coordinate nautiche portano l’artista alla scoperta di un ritaglio di mare sempre diverso, come i suoi stati interiori: 12 ritagli d’acqua e 12 tracce del suo passaggio sulla costa del Golfo di Napoli, rivelano l’elaborazione di una cartografia poetica in bilico tra immaginazione e realtà. In esposizione insieme alla cartografia del mare, due lavori evocativi sul tempo e sull’ attesa.
Gail Albert Halaban
Il desiderio di “avvicinare” le persone, metterle in connessione tra loro, creare dei legami, questo Il punto di partenza del progetto “out of my window” della fotografa newyorkese Gail Albert Halaban; raccontare le vite degli altri spiando dalla finestra di fronte ma non si tratta di “scatti rubati”: l’artista agisce in punta di piedi per non falsare con la sua presenza la naturalezza della scena ripresa ma ogni persona ritratta è al corrente del progetto. Dopo Parigi, New York e Istanbul l’artista sposta la sua attenzione su tre nuovi set, Napoli, Milano e Roma.
Valentina Vannicola
La sua ricerca è di fatto riconducibile alla staged photography che presenta come reali scene totalmente ricostruite dall’artista che investe il duplice ruolo di fotografo e regista. Le ambientazioni, rese irriconoscibili dall’aggiunta di dettagli surreali, appartengono ai luoghi in cui l’artista è cresciuta, la maremma laziale. Gli attori, non professionisti, sono gli stessi abitanti di quei luoghi: il postino, la bidella, il fornaio, di volta in volta tutti coinvolti in un lavoro totalizzante che tende ad accentuare quel senso “comunitario” ancora vivo nei piccoli centri di periferia.