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Oreste Zevola

13 marzo 2025_9 maggio 2025

ORESTE ZEVOLA

“E si vola così, assieme ad Oreste, per sentieri aerei, per celesti concentrazioni. Per stormi. Per strane libere comunità. Si tratta di cose che non si vedono nel cielo, che non si vedono più, ma che (forse, chissà) continuano ad aleggiare attorno a noi e sopra di noi, e che è rasserenante pensare che non ci abbandonano, che risiedono anche dentro di noi”.

Goffredo Fofi, 1996

La Fondazione Mannajuolo è lieta di presentare il primo progetto espositivo realizzato a Napoli per Oreste Zevola, a dieci anni dalla sua prematura scomparsa. Con questa mostra, ideata in collaborazione con l’Archivio Oreste Zevola, la Fondazione conferma la sua missione culturale rivolta, non solo alla presentazione di artisti internazionali invitati ad esporre a Napoli per la prima volta, ma anche alla valorizzazione della memoria dei grandi autori scomparsi. Straordinario e poliedrico artista, Oreste Zevola (Napoli 1954 – 2014), è stato disegnatore, pittore, scultore, scenografo, inventore di immagini, illustratore, riscuotendo molto presto un riconoscimento internazionale. Suoi disegni, infatti, vennero pubblicati da “Liberation”, dal “New Yorker”, dal “Wall Street Journal”, dal “Washington Post”, dal “Times”, da “Forbes” e “Bloomberg”, ed, in più occasioni, suoi lavori furono selezionati dalla Society of Illustrators di New York, inseriti anche nella sua prestigiosa pubblicazione annuale.  In Italia molteplici le sue collaborazioni editoriali e le copertine che realizzò per diverse riviste, “Linea d’ombra”, “Lo Straniero”, “Gli Asini” di Goffredo Fofi, solo per citarne alcune. Trasferitosi alla fine degli anni settanta per un periodo a Trieste, fondò la rivista d’arte “Juliet” con Roberto Vidali e Rolan Marino, mantenendo per molto tempo il legame culturale con questa città, grazie alla collaborazione con la Galleria Torbandena e la Juliet Gallery, che lo coinvolsero in diverse mostre personali e collettive. Già all’inizio degli anni ottanta, Zevola, oltre all’attività di disegnatore aveva intrapreso quella di pittore, realizzando tele di grande formato dominate dal suo inconfondibile tratto.Nello stesso periodo iniziarono anche i numerosi viaggi a Parigi, dove poi scelse di lavorare e vivere fino alla fine, oltre che a Napoli. Indimenticabili alcune sue mostre nella capitale francese, come quelle alla Galerie de l’Aire du Verseau nel 1989 e nel 1990, alla Galerie Art en Tête nel 1994, nel 2004 a L’Eclaireur, ed ancora quella del 2009 all’Istituto Italiano di Cultura, allora diretto da Rossana Rummo, nell’ambito del progetto culturale L’Or de Naples, fino all’ultima in vita del 2013 al Musée du Montparnasse. I primi anni duemila lo videro impegnato nella Repubblica Centroafricana in due progetti artistico – umanitari, Tue moi ce soir, ispirato dalle insegne di ristoranti e locali della capitale Bangui, poi esposto all’Istituto Francese di Napoli nel 2005 e Face au Sida, campagna di comunicazione contro l’AIDS, nata in collaborazione con l’Alliance Française di Bangui e l’Istituto Pasteur, anch’essa mostrata successivamente nella sua città alla Fabbrica del lunedì di Giusi Laurino nel 2007. Nel corso della sua attività, frequenti furono i rapporti con il teatro: realizzò, ad esempio, i loghi per il neonato Napoli Teatro Festival e per il Teatro Mercadante, le immagini per lo spettacolo La casa di Bernarda Alba di Federico Garcia Lorca, con la regia di Gigi De Luca, o ancora quelle dello spettacolo di Bruno Leone, Santa Patrizia e Pulcinella. Analogo discorso per il cinema, vantando collaborazioni con registi internazionali, fra cui Laurent Bécue-Renard, Alice Rohrwacher, Antonietta De Lillo. Proprio per il film della De Lillo, Il resto di niente, tratto dal libro di Enzo Striano, realizzò nel 2004 le scenografie, ovvero grandi disegni animati ispirati alla storia di Eleonora Pimentel Fonseca ed alla Rivoluzione Napoletana del 1799, che in occasione di questa mostra sono proiettati nella sala cinema della galleria. Di quell’esperienza egli raccontava: “Ricordo le sere, e molto spesso le notti estive, che precedettero il montaggio del film trascorse davanti ai computer negli studi di postproduzione […] Solo qualche giorno prima della presentazione a Venezia, in una piccola sala di Cinecittà, potei vedere il film completo e dunque il risultato del mio lavoro nel suo contesto finale. L’emozione fu grande e finalmente quel lavoro mi sembrò positivamente concluso”. Fra il 2008 e il 2012 Zevola approfondì diverse tecniche artistiche e l’utilizzo di specifici materiali come la ceramica o il cartoncino intagliato, creando lavori raffinati che confluirono nelle mostre Saturn’s Banquet, Al Blu di Prussia nel 2009 ed Eden al PAN| Palazzo delle arti di Napoli nel 2012. La trasversalità della sua ricerca artistica, la ricchezza della sua produzione, la varietà delle contaminazioni e delle collaborazioni, tuttavia non hanno mai alterato l’unitarietà estetica e concettuale della sua produzione, come emerge chiaramente anche da questa esposizione, per la quale sono state selezionate dall’Archivio oltre 70 opere, esclusivamente tempere su tela e su carta. I lavori, quasi tutti inediti, o esposti a Napoli per la prima volta, sono stati realizzati fra il 2000 ed il 2014: alcuni di essi sono tratti dai progetti Bad Boys (2000), Tu moi ce soir, Cane di pane (2002), Alberi (2004), Il resto di niente (2004), Santa Patrizia e Pulcinella (2007), Il Guardiano (2009), fino all’ultimo eseguito nell’agosto 2014. Le tempere che si articolano nell’intero spazio espositivo della galleria sono di medie e piccole dimensioni.  In esse trionfa tutto l’universo creativo di Zevola: figure umane, angeli, vesuvi, uccelli, barche, piante, foglie che crescono anche dentro le persone o ne ornano gli abiti, attraverso mille ibridazioni, fluttuando sospese fra cielo e terra, fra realtà e sogno, paradiso ed inferno, vita e morte, in una sintesi di arcaico e contemporaneo. Questa mostra segue il fil rouge dell’ars combinatoria, in cui le sue creature fantastiche provengono da mondi lontanissimi, nel tempo e nello spazio. Mentre una danza magica va in scena, plastica, metamorfica, si genera un nuovo ordine delle cose, disordinato, combinatorio, appunto: è un gioco di nessi, legami e rimandi visivi, palesi e nascosti, intrecciati in una fitta trama di analogie iconiche e simboliche. In particolare le opere grafiche de Il resto di niente esprimono fra i punti più elevati dell’intera sua arte, lavori che coniugano la dimensione storica e fiabesca dell’esistenza e, soprattutto, dell’immaginario della cultura napoletana: regine truccate, sirene su rami di una piccola foresta, pesci, teschi galleggianti, amuleti e vulcani in fiamme. Sulla parete di fondo della galleria è proiettato un primo video prodotto nel 2016 dall’Archivio, dal titolo Oreste Zevola, disegnare il cinema: in esso le figure dipinte sulle tele e sulle carte si animano grazie ad una sequenza di disegni che l’artista aveva eseguito fra Napoli e Parigi, in occasione del manifesto del film Of man and war, del regista Laurent Bécue-Renard, uscito nelle sale cinematografiche nel 2014. Un secondo, invece, all’interno di un piccolo monitor, è un lavoro di videoarte, dal titolo Inanimés, con testo di Jan-Marc Dimanche, la voce narrante dell’attrice Anny Romande, l’animazione di Francis Lachance, che Zevola realizzò a Parigi nel 2004, una sorta di favola in cui il mondo animale osserva e interagisce con quello umano, con diversi riferimenti all’iconografia della fiaba classica, in particolare Pinocchio. In tutti questi lavori, ed in tutta l’opera di Zevola, come ha sapientemente scritto Goffredo Fofi, “non c’è tragedia, non c’è pathos, non ci sono ricatti, ma c’è la tenera malinconia di un girotondo di forme che possono fermarsi solo provvisoriamente, e di colori che non provocano, non s’impongono, non si mischiano. Un mondo intermedio, dove l’eccesso è vietato”.

Maria Savarese

 

 

 

 

 

 

 

Da giovedì 13 marzo 2025, la stagione espositiva della galleria Al Blu di Prussia (via Gaetano Filangieri, 42 – Napoli) – lo spazio multidisciplinare di Giuseppe Mannajuolo e Mario Pellegrino – prosegue con “Oreste Zevola”, a cura di Maria Savarese, primo progetto espositivo realizzato a Napoli per Oreste Zevola, a dieci anni dalla sua prematura scomparsa.

La mostra, promossa dalla Fondazione Mannajuolo in collaborazione con l’Archivio Oreste Zevola*, conferma la missione culturale della Fondazione rivolta, non solo alla presentazione di artisti internazionali invitati ad esporre a Napoli per la prima volta, ma anche alla valorizzazione della memoria dei grandi autori scomparsi.

Straordinario e poliedrico artista, Oreste Zevola (Napoli 1954 – 2014), è stato disegnatore, pittore, scultore, scenografo, inventore di immagini, illustratore, riscuotendo molto presto un riconoscimento internazionale.

Artista versatile, dopo le prime collaborazioni editoriali e copertine per quotidiani e periodici in Italia e all’estero, alle fine degli anni Settanta fondò a Trieste la rivista d’arte “Juliet”, con Roberto Vidali e Rolan Marino, iniziando ad esporre in mostre personali e collettive.

Dall’inizio degli anni Ottanta, all’impegno di disegnatore unì quello di pittore, realizzando tele di grande formato dominate dal suo inconfondibile tratto; nello stesso periodo iniziarono i numerosi viaggi a Parigi, dove poi scelse di lavorare e vivere fino alla fine, oltre che a Napoli.
Con i primi anni Duemila realizzò due progetti artistico – umanitari nella Repubblica Centroafricana, poi esposti anche a Napoli, all’Istituto Francese (2005) e alla Fabbrica del lunedì di Giusi Laurino (2007).
Frequenti furono anche i suoi rapporti con il teatro e il cinema, continuando a sperimentare, contemporaneamente, nuove tecniche artistiche e specifici materiali, come la ceramica o il cartoncino intagliato.
La trasversalità della sua ricerca artistica, la ricchezza della sua produzione, la varietà delle contaminazioni e delle collaborazioni, tuttavia non hanno mai alterato l’unitarietà estetica e concettuale della sua produzione, come emerge chiaramente anche da questa mostra, per la quale sono state selezionate dall’Archivio oltre 70 opere, esclusivamente tempere su tela e su carta.
I lavori, quasi tutti inediti, o esposti a Napoli per la prima volta, sono stati realizzati fra il 2000 ed il 2014: alcuni di essi sono tratti dai progetti Bad Boys (2000), Tu moi ce soir, Cane di pane (2002), Alberi (2004), Il resto di niente (2004), Santa Patrizia e Pulcinella (2007), Il Guardiano (2009), fino all’ultimo eseguito nell’agosto 2014.
Le tempere che si articolano nell’intero spazio espositivo della galleria sono di medie e piccole dimensioni.  In esse trionfa tutto l’universo creativo di Zevola: figure umane, angeli, vesuvi, uccelli, barche, piante, foglie che crescono anche dentro le persone o ne ornano gli abiti, attraverso mille ibridazioni, fluttuando sospese fra cielo e terra, fra realtà e sogno, paradiso ed inferno, vita e morte, in una sintesi di arcaico e contemporaneo.
In particolare, le opere grafiche de Il resto di niente esprimono fra i punti più elevati dell’intera sua arte, lavori che coniugano la dimensione storica e fiabesca dell’esistenza, e, soprattutto, dell’immaginario della cultura napoletana: regine truccate, sirene su rami di una piccola foresta, pesci, teschi galleggianti, amuleti e vulcani in fiamme.
Completa l’esposizione, la proiezione di alcuni video: il primo, prodotto nel 2016 dall’Archivio, dal titolo Oreste Zevola, disegnare il cinema (sulla parete di fondo della galleria); il secondo, Inanimés, all’interno di un piccolo monitor, è un lavoro di videoarte che Zevola realizzò a Parigi nel 2004, una sorta di favola in cui il mondo animale osserva e interagisce con quello umano, con diversi riferimenti all’iconografia della fiaba classica, in particolare Pinocchio; il terzo, in sala cinema, con i grandi disegni animati ispirati alla storia di Eleonora Pimentel Fonseca ed alla Rivoluzione Napoletana del 1799, che realizzò nel 2004  come scenografie per il film di Antonietta De Lillo, Il resto di niente, tratto dal libro di Enzo Striano.

ARCHIVIO ORESTE ZEVOLA
L’Archivio Oreste Zevola, diretto da Marina Gargiulo, nasce nel 2015 per recuperare, tutelare, conservare e valorizzare l’opera dell’artista Oreste Zevola.
Le opere che ne fanno parte sono suddivise per tecniche e per tipologia (pittura, scultura, illustrazione, grafica, editoria). Sono conservati, inoltre, anche documenti, corrispondenze, appunti e tracce dell’attività e della vita dell’artista.
Nel 2024, dopo un lavoro di accurata catalogazione curato dalla Soprintendenza Archivistica e Bibliografica della Campania, finalizzato a riconoscerne il valore storico, la stessa Soprintendenza ha ritenuto “opportuno e necessario” avviarne il procedimento di interesse culturale.

 

 

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