Madì
oltre la geometria
a cura di Ciro Pirone
15 gennaio_21 febbraio 2009
Rosario Pinto
Dall’Astrattezza all’Astrazione lungo il profilo concertista dentro le logiche Madi
…La cultura “MADI” su questo stesso gradiente esprime , a sua volta, e con gli strumenti della creatività artistica, una formulazione che muove dal nesso eidetico tra forma delle cose e loro interazione col reale, precisando, ovviamente, che il “sistema” non è chiuso e strutturato secondo logiche geometriche indefettibili, ma è aperto, “obliquo” con una coscienza dell’indeterminazione agente come flèche vettoriale che serve come produttore di energia.
Sulla scorta di tali considerazioni riteniamo possibile fornire riscontro ad una prospettiva che osserva la “obliquità come stato cinetico della materia”. Ma l’ obiquità vale anche a conferire una sorta di rilievo espressionistico alla dimensione costruttiva del processo creativo “madista” che si affranca dal nitore geometrico-razionalistico per calarsi nella ridda della storia e nel proprio d’una avvertita coscienza umanistica. La proiezione pluridirezionale che è propria delle ragioni fondanti della logica “madista” è, tuttavia, qualcosa che, probabilmente non ha ancora sviluppato tutte le potenzialità che contiene ed un grosso rischio che il Movimento è chiamato ad affrontare con urgenza è quello di evitare la trasformazione di “MADI” in uno stile, dal momento che ciò significherebbe ricadere nelle stesse aporie che hanno contraddistinto altre misure d’approccio alla dinamica inventivo-creativa.
Ci piace immaginare, piuttosto, che la prospettiva “madista”, invece, si dispieghi con più forza e maggiore apertura espansiva, guadagnando rispetto alla dimensione originale “planista”, in cui ancora indugia lo stesso Arden Quin negli anni quaranta, una prospettiva a tutto tondo ove la mutuabilità degli assetti e delle posizioni non sia né un tributo ad un’esigenza cinetica, né un pedaggio pagato alla misura della simmetria, ma, al contrario, l’espressione del proprio vocazionale che la logica stessa “MADI” sembra contenere: quella della aspirazione alla costruzione dell’opera d’arte totale.
Tale aspirazione è consentanea d’altronde al tendere da parte dell’arte “MADI” a non discostarsi mai dall’orientamento puntuale nella direzione di ciò che la Borras definisce col termine di “realidad permanente”. E giova raccogliere in modo più completo e puntuale l’assunto della studiosa: “El arte MADI es en definitiva una de las secuelas de aqueila revolucion sin precedentes que tuvo lugar hacia 1915, que no fue una innovacion formal sino que poniendo en cuestion lo que una obra plastica debia o no debia ser, instaurò un nuevo sistema de valores al rechazar la realidad sensible en favor de una imagen objetiva formulada en lenguaje geometrico. El proposito era abandonar todo mimetismo para crear un objeto autonomo, una obra de arte como resultado de haber logrado penetrar en la misma estructura de las cosas hasta alcazar la esencia misma de la realidad, es decir, la realidad permanente.”
Alla linea producente d’una “realidad permanente” che è la condizione entro la quale può maturare la condizione per lo sviluppo d’una prospettiva di creazione dell’ “opera d’arte totale” non può essere ininfluente il contributo stesso che provenga dal fruitore chiamato ad essere soggetto attivo e non mero spettatore passivo. Sul punto abbiamo già lasciato planare la nostra attenzione in altra occasione di riflessione sul contesto “MADI”, sostenendo che ” l’arte, per “MADI” non è nel suo solo progetto: piuttosto, è funzione dell’epifania del progetto che si da nel prodotto e l’intervento magistrale dell’artista è tutto qui, nel saper distillare con pazienza e perizia le componenti utili e necessarie per il compimento dell’opera. Non stupisce, quindi, che la creatività dell’arte “MADI” richieda il contributo del fruitore, per integrare quegli aspetti progettuali che nella creazione stessa dell’opera sono affidati ad una dimensione ulteriore in cui è reso protagonista lo spettatore.”
Appare evidente da ciò che nelle dinamiche creative la funzione decisiva è quella riservata alla invencion che qui occorre ancora richiamare. Essa agisce nella storia all’interno di una prospettiva di “realidad permanente” in un quadro in cui la compartecipazione attiva del fruitore è di fondamentale rilievo.
L’analisi della creatività artistica del 900 rivela che nei processi di validazione dell’opera un ruolo decisivo è svolto dal processo di convergenza di condivisioni critico – ermeneutiche.
Si stabilisce, cioè, una conventio che sostituisce il proprio della inventio che era stata la linea di discrimine sulla quale si era attestata, ab antiquo, la validazione artistica, almeno fino a quando la svolta postbaumgarteniana non aveva trasformato l’estetica da “dottrina della conoscenza” in “scienza del bello”, dischiudendo la porta al trionfo delle dinamiche romantico – simboliste.
Il passaggio dalla inventio alla conventio modifica le basi di un sistema valutativo tradizionale che troverà, infine, nel 900, come ben dimostra Walter Benjamin, le sue ragioni fondanti in motivazioni estrinseche all’opera d’arte, quali sono i “valori espositivi”, “cultuali”, ecc.
Ristabilire il primato della inventio, sotto le specie della invencion, rispetto al “compromesso” della conventio, è ciò che costituisce l’abbrivio del progetto “MADI” ed è certamente titolo di merito per un movimento che voglia fare della creazione artistica non una “rappresentazione” dell’esistente, ma un criterio di vita, finendo col costituirsi, quindi, in una prospettiva filosofica al cui interno la prassi, che si ancora alla datità imprescindibile della storia, sappia agire secondo principi logici e con un orientamento che garantisca il massimo di autonomia possibile all’interno di un sistema che, per il suo statuto irrinunciatamente “geometrico”, non dovrebbe consentire la fuoriuscita del determinismo, dal quale, invece, fornisce liberatoria, come abbiamo già osservato, il ricorso convinto alla “obliquità” ed alla spinta vettoriale che essa contiene.